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Ristretti Orizzonti. Su Horizon Europe, Nestor e il controllo dei confini

Che cos’è Horizon Europe?

Horizon Europe è il principale programma di finanziamento dell’UE per la ricerca e l’innovazione con un budget di 95,5 miliardi di euro.

Vanta tre programmi specifici, uno genericamente orientato alla ricerca “civile”, uno con un “focus esclusivo sulla ricerca e lo sviluppo nel campo della difesa (chiamato European Defence Fund – EDF), e uno sulla ricerca e la formazione in materia di fusione e fissione nucleare (EURATOM).

Con Horizon 2020 prima (il programma che sotto la dicitura “SFIDE PER LA SOCIETÀ – Società sicure – proteggere la libertà e la sicurezza dell’Europa e dei suoi cittadini” è stato attivo dal 2014 al 2020) e Horizon Europe (attivo dal 2021 al 2027) ora, l’UE mira a potenziare le proprie capacità di innovazione e a garantire la sua competitività globale.

I progetti sulla sicurezza delle frontiere finanziati dai programmi Horizon riguardano un ampio spettro di capacità tecnologiche cruciali per la guardia di frontiera e costiera europea FRONTEX come i veicoli senza equipaggio, i sistemi di identificazione di documenti, i sistemi di digitalizzazione di un numero sempre maggiore di informazioni personali e di parametri biometrici, i sistemi di comando e il controllo da remoto, l’intelligenza artificiale, la robotica, la realtà aumentata, le piattaforme di trattamento integrato di dati. Gli investimenti fatti nel settore della “sicurezza delle frontiere” sono di vitale importanza per fare in modo che Frontex raggiunga i suoi obiettivi strategici. Di converso, fondamentale è anche la partecipazione attiva di Frontex per i test, nelle attività di prova e per le dimostrazioni di applicazione delle tecnologie prodotte.

Una sezione apposita del sito di Frontex pubblica le informazioni riguardanti le attività svolte dall’Agenzia e le descrizioni sui relativi progetti Horizon, uno più agghiacciante dell’altro.

Apriamo, ad esempio, la pagina dedicata a NESTOR (aN Enhanced pre-frontier intelligence picture to Safeguard The EurOpean boRders) che si occupa di realizzare “sistemi di sorveglianza delle frontiere a lungo e ad ampio raggio, di monitoraggio della situazione pre-frontaliera, di tecnologie di rilevamento termiche, di analisi dello spettro delle radiofrequenze, delle reti di sensori interfunzionali, di installazioni fisse e di veicoli mobili con o senza equipaggio”.

L’obiettivo del progetto è realizzare “un sistema olistico di sorveglianza delle frontiere di nuova generazione completamente funzionale che fornisca una consapevolezza della situazione pre-frontiera oltre le aree di confine marittime e terrestri, seguendo il concetto di gestione integrata delle frontiere europee. Le capacità di sorveglianza a lungo raggio e ad ampio raggio di NESTOR per il rilevamento, il riconoscimento, la classificazione e l’inseguimento di obiettivi in movimento (ad esempio persone, navi, veicoli, droni, ecc.) si basano su tecnologie ottiche, di imaging termico e di analisi dello spettro a radiofrequenza (RF) alimentate da una rete interoperabile di sensori che comprende installazioni fisse e veicoli mobili con o senza equipaggio (aerei, terrestri, acquatici, subacquei) in grado di funzionare sia come standalone, sia legati e in sciami. Il sistema NESTOR BC3i fonderà in tempo reale i dati di sorveglianza delle frontiere combinati con le informazioni del web e dei social media, creando e condividendo un quadro intelligente pre-frontaliero per i centri di comando locali, regionali e nazionali in un ambiente AR interoperabile con CISE e EUROSUR.”

I droni Elistair nel sistema tecnologico Nestor individuano un “trasgressore”

Sulla pagina Cordis oltre agli obiettivi del progetto troviamo le informazioni riguardo i finanziamenti, la durata, i programmi a cui si ricollega (ritroviamo Secure societies – Protecting freedom and security of Europe and its citizens ma anche Strengthen security through border management), le informazioni sul coordinatore (in questo caso la polizia greca) e i vari collaboratori con i rispettivi finanziamenti. Questi ultimi non sono solo i vari Ministeri e corpi di polizia ma vedono anche la remunerata partecipazione di Università e aziende private di tutta Europa, Italia compresa.

In altri casi, ad esempio nel progetto BorderUAS, che sta sviluppando “un veicolo aereo multiruolo più leggero dell’aria senza pilota con rilevatore multisensore e videosorveglianza ad altissima risoluzione” il coordinatore è una compagnia di software, mentre i collaboratori privati si occupano di fornire le tecnologie audiovideo specifiche, di erogare i servizi di ingegneria di telerilevamento, come la DIAN o, inquietantemente palesemente, di provvedere un quadro legale transfrontaliero, come la ONG Mitla.

La descrizione continua: “il telerilevamento includerà un radar ad apertura sintetica (SAR), il rilevamento laser e il ranging (LADAR), l’infrarosso a onde corte/lunghe (SWIR/LWIR) e telecamere acustiche per il rilevamento diretto del bersaglio, nonché telecamere ottiche e iperspettrali per il rilevamento indiretto/disturbato (dalla vegetazione per esempio).” Per quanto riguarda le collaborazioni statali “la tecnologia sarà testata dalla polizia di base lungo i valichi di frontiera illegali in Grecia, Bulgaria, Romania, Moldova, Ucraina e Bielorussia”.

Questi sono solo due esempi della stretta collaborazione fra Frontex e numerosissimi partner di diversa natura. Non si può, del resto, certo dimenticare il matrimonio con la Israel Aerospace Industries (IAI), la principale industria aeronautica israeliana che produce sistemi aeronautici ad uso civile e militare e vari sistemi missilistici e di avionica.

La sottile linea retorica che distingue fra guerra e “difesa dei confini”, fra “immigrati irregolari” e “bersagli” va assottigliandosi sempre più in un discorso pubblico violento e securitario.

In questo panorama di ordinaria repressione, dove, lo ricordiamo, ad ingrassarsi sono le aziende e le Università con i lauti finanziamenti europei, i confini smart e tecnologici paiono serrarsi senza soluzione di continuità e si rispecchiano in quei dispositivi di controllo che anche nelle strade e nelle piazze delle nostre città creano invisibili e concrete frontiere.

 

“Mi avvicino di due passi, lei si allontana di due passi. Cammino per dieci passi e l’orizzonte si sposta di dieci passi più in là. Per quanto io cammini, non la raggiungerò mai. A cosa serve l’utopia? Serve proprio a questo: a camminare.”