Ancora dall’Albania: su procedure accelerate di frontiera e pantomime

Nell’ultima puntata di Harraga – trasmissione che va in onda ogni venerdì sulle libere frequenze di Radio Blackoutabbiamo cercato di ricostruire il tortuoso percorso normativo che ha caratterizzato le cosiddette procedure accelerate di frontiera. Dalla recrudescenza della loro codificazione giuridica in Cutro fino ad arrivare all’Albania.

 

Per chi volesse riprendere uno degli approfondimenti dedicati ai decreti Cutro, Sud e Caivano, nonché al pacchetto sicurezza (DDL 1660):

“Mattone su mattone. La costruzione del muro repressivo”

Invece per approfondire l’accordo Rama-Meloni, vi lasciamo alcuni link di puntante passate dove si entra nel vivo del rapporto fra i due governi:

“Aggiornamenti dall’Albania e l’esternalizzazione della detenzione amministrativa”

“Accordo Italia/Albania: fra stratificazione coloniale e devozione”

Con l’aiuto di Giorgia, avvocata bolognese che non di rado ci aiuta a cogliere ed analizzare i contesti normativi che caratterizzano le procedure di frontiera e la detenzione amministrativa, abbiamo ricordato cosa prevedono le procedure accelerate e che tipo di strutture lo Stato necessita per metterle in atto. Tracciando una linea cronologica dall’apertura dei CPRI in suolo siciliano, da Modica Pozzallo a Porto Empedocle, fino ad arrivare alla costruzione del hotspot di Gjader e del CPRI di Shengjin ciò che emerge è che le scorciatoie politiche dell’esecutivo che – tra un decreto ed un altro – cerca sempre di più di criminalizzare la migrazione e sigillare le frontiere della fortezza Europa, si trovano davanti agli ostacoli del diritto internazionale. Emblematiche sono a tal punte le vicende che stanno caratterizzando i centri in Albania sin dalla loro apertura.

Ascolta qui la diretta: