La settimana scorsa in c.so Brunelleschi alcuni ragazzi avevano la scabbia, infezione altamente contagiosa e tutt’altro che sopportabile.
All’infermeria del centro? Se ne fregano, e non solo per la scabbia, pure in punto di morte l’unica cosa che fanno è proporre il cocktail di psicofarmaci per far star buoni i detenuti e farli dormire.
Chiamare il 118? Inutile, prima che arrivino al Cpr, i gestori delle ambulanze chiamano le forze dell’ordine al suo interno che negano sistematicamente ci sia un bisogno di cure continuamente eluso.
Se l’Asl torinese pare essere parecchio diligente nei controlli alle attività commerciali della città, per costruire gli standard d’eccezione per il consumo alimentare dei bistrot e bar, meno solerte sembra l’attenzione su altri contesti, come quello della prigione per senza-documenti in cui le emergenze sanitarie sono state tante e spesso gravose: dalle ferite dei pestaggi ai detenuti lasciate a marcire, alle epidemie più diffuse. Ma si sa, che gli interessi di ogni settore pubblico tendono a una spesa sostenibile e funzionale a certe direttrici dell’economia territoriale. Chi sta in una struttura detentiva, tutti cavoli suoi!
Meno male che ci sono altri modi per arrivare a ottenere dei risultati. I ragazzi dentro hanno fatto insieme un po’ di bordello con urla e battiture, e alla fine, dopo giorni, sono arrivate magicamente le pomate contro la scabbia.
La situazione al Cpr sabaudo è numericamente statica, le aree sono tutte piene. Giovedì scorso, dopo venti giorni di pausa nelle deportazioni, sono stati prelevati venti ragazzi tunisini e portati all’aeroporto di Palermo. Lì, con altri cento connazionali provenienti dal centro di Bari e alcuni appena giunti a Lampedusa, sono stati espulsi.