Durante la trasmissione Acab su Radio Blackout vengono mandati in onda alcuni audio registrati da un ragazzo appena uscito dal Centro di Permanenza per il Rimpatrio di Corso Brunelleschi, che racconta delle condizioni della detenzione amministrativa all’interno delle mura.
Condizioni che erano insopportabili già prima della pandemia si sono solo aggravate, sotto tutti gli aspetti: dal cibo, portato già scaduto, al sovraffollamento, dalla possibilità di ricevere pacchi o visite alla capacità di interloquire con il proprio avvocato o con l’esterno.
Rinchiusi, umiliati e picchiati quotidianamente, ragazzi giovani e uomini più anziani vengono buttati a casaccio in camere torride e lercie, con solo un materasso di gommapiuma senza lenzuola e pochissimi cambi di vestiti e articoli di igiene personale.
Le visite dall’esterno sono sospese ma i ragazzi continuano a non poter possedere un telefono proprio per effettuare chiamate. Ai reclusi tocca “scegliere” se comprare, con i pochi euro permessi ogni settimana, le schede telefoniche per le cabine, sigarette o cibo e acqua.
Anche per questo, il trattenimento dei pacchi da parte di familiari e amici dall’esterno diventa un’arma di ricatto ancora più spregevole.
Il medico del Centro, pagato direttamente dall’azienda gestrice del Centro GEPSA, come è stato più volte denunciato è connivente con la direzione e totalmente indifferente alla necessità di cure da parte dei reclusi.
L’interprete, l’Ufficio Immigrazione e gli avvocati d’ufficio dimostrano ogni giorno il loro disinteresse per lo stato delle persone.
All’interno del Lager di Torino, ogni lotta per la dignità è una lotta per la sopravvivenza e la libertà.
Ascolta la trasmissione:
https://radioblackout.org/podcast/a-c-a-b-testimonianza-di-un-recluso-del-cpr-di-corso-brunelleschi/