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AGGIORNAMENTO SULLA CHIUSURA DEL CPR DI TORINO DEL 12.3.2023


Nei primi giorni di marzo sono state trasferite le ultime sette persone che erano recluse dentro il CPR di corso Brunelleschi.

Non sappiamo al momento se sono state deportate o se si trovano all’interno di uno dei nove centri di detenzione amministrativa rimasti agibili sul territorio nazionale: Gradisca d’Isonzo, Milano via Corelli, Roma Ponte Galeria, Bari Palese, Brindisi Restinco, Potenza Palazzo S. Gervasio, Caltanissetta Pian del Lago, Trapani Milo e Macomer in Sardegna.
Quello che sappiamo è che dopo la rivolta del 20 febbraio che ha reso inagibile l’area verde (unica rimasta a capienza totale dopo le rivolte del 4 e 5 Febbraio) le sette persone rimaste recluse nel centro hanno nei giorni seguenti intrapreso collettivamente uno sciopero della fame per protestare contro la tortura imposta quotidianamente nei loro confronti da parte dell’ente gestore ORS Italia. In quelle settimane la gestione del CPR ha inoltre limitato in ogni modo la comunicazione telefonica con l’esterno. Uno sciopero della fame intrapreso con determinazione e coraggio contro le condizioni di detenzione e la violenza imposta dalla Questura di Torino responsabile dei pestaggi e delle umiliazioni continue che i reclusi hanno vissuto sulla loro pelle.
E mentre all’interno del CPR di Torino sette persone mettevano in pericolo la propria vita scegliendo lo sciopero della fame come forma estrema di protesta, all’esterno giornali e politici utilizzavano la notizia della chiusura del più grande centro di detenzione amministrativa del nord Italia, silenziando così i reclusi ancora rimasti dentro e i motivi della protesta. L’ennesimo tentativo di annullamento delle persone detenute e delle loro storie personali attraverso la creazione della solita narrazione deviata che punta a distogliere l’attenzione dalla realtà con l’obiettivo di nascondere alla collettività perbenista le torture che avvengono dentro le mura.

Dopo le rivolte di inizio Febbraio 25 persone sono state trasferite da Torino al CPR di Macomer. Alcuni di loro ci hanno chiamato al telefono in questi giorni per comunicarci che hanno condotto per diversi giorni uno sciopero della fame per protestare contro le condizione detentive. All’interno del centro sono presenti circa una cinquantina di detenuti divisi in due aree mentre cinque persone si trovano all’interno di una sezione di isolamento con celle lisce. La maggior parte sono arrivati da poco in Europa e provengono prevalentemente dall’Algeria. Ci hanno raccontato che la somministrazione degli psicofarmaci è inferiore rispetto al CPR di Torino ma le condizioni di detenzione sono peggiori in quanto la struttura era un carcere, con anche una sezione di alta sicurezza, chiuso nel 2014 per mancanze strutturali e riconvertito a CPR nel 2020. Alcune celle sono sotto terra e le perquisizioni sono quotidiane. L’ente gestore Cooperativa Sociale Ekene non fornisce coperte o abiti invernali costringendo i reclusi al freddo. Durante la notte ci hanno raccontato che molti di loro sono obbligati ad utilizzare il materasso per coprirsi.

Oltre al CPR di Macomer anche il CPR di Palazzo San Gervasio in provincia di Potenza è stato utilizzato come destinazione dei trasferimenti avvenuti dopo le rivolte di inizio febbraio. Una persona detenuta a Torino ci ha chiamato al telefono dopo il trasferimento.
Ci ha raccontato che chi si oppone alla somministrazione della terapia, viene portato all’interno di una stanza dove viene immobilizzato e obbligato con violenza dalle guardie ad ingoiare davanti all’ispettore di turno la dose di Rivotril.
All’interno del CPR di Palazzo San Gervasio sono presenti attualmente circa cento cinquanta reclusi che sopravvivono in condizioni di sovraffollamento ed abbandono imposto dall’ente gestore Engel Italia.

Anche il CPR di Trapani Milo è stata una delle destinazioni dei trasferimenti post rivolte. Da un contatto con una persona ristretta nel centro, dopo la rivolta del 20 Febbraio in Corso Brunelleschi, abbiamo saputo che la struttura e la gestione è una delle peggiori fin’ora raccontate.
Nel centro ci sono circa 200 persone, molte delle quali appena sbarcate in Sicilia. Le celle sono singole fatto che impossibilita la comunicazione interna fra chi è recluso durante quasi tutta la giornata.
La condizioni igenico-sanitarie e le quotidiane vessazioni subite dai reclusi, rendono la detenzione estremamente afflittiva. Le guardie minacciano, pestano costantemente e costringono ad assumere ogni giorno diversi sedativi.
Non é possibile né parlare con assistenti sociali, né con psicologi. Inoltre l’ente gestore ostacola la nomina di avvocati diversi da quelli forniti dal centro.

 

⚫️ Nei giorni successivi alle rivolte di inizio Febbraio oltre ai trasferimenti in altri CPR situati nel territorio nazionale sono continuate le deportazioni. Dopo essere stato rimpatriato con un volo di linea nel proprio paese un ragazzo ci ha chiamato al telefono per raccontare la sua esperienza detentiva all’interno del lager torinese.

Ingresso nel CPR:

Situazione detentiva nel primo periodo segnata dal cibo avariato e dalla terapia:

La violenza della polizia all’interno del CPR:

Le rivolte di inizio Febbraio:

I trasferimenti nei giorni successivi le rivolte:

Deportazione:

 

Nonostante il tentativo di annichilimento delle persone recluse attraverso l’utilizzo di violenza e psicofarmaci, il sistema di reclusione amministrativa conta una struttura in meno grazie alla forza e al coraggio dei rivoltosi.

I CPR SI CHIUDONO COL FUOCO