Da quando, nel marzo 2023, il CPR di Torino è stato chiuso, grazie al fuoco dei ribelli, gli unici due centri detentivi ad oggi attivi nel Nord Italia, sono quelli di Milano via Corelli e di Gradisca d’Isonzo. Mentre si vocifera di nuove aperture di tali lager dall’Albania alla Liguria, una certezza rimane invariata nel tempo: solo il determinato amore per la libertà dei reclusi fa sì che la potenza rivoltosa possa contrastare la violenza sistemica e sistematica della controparte.
Poiché tali centri esistono in quanto singoli tasselli di una macchina detentiva ed espulsiva ramificata in differenti parti del territorio italiano, ci preme sottolineare come una lotta incisiva e contundente al razzismo di Stato passi da un’analisi profonda e precisa sull’architettura della sorveglianza e della punizione che ogni CPR contribuisce a determinare.
In particolare la violenza del prigionia a Gradisca d’Isonzo ha, lungo la sua storia, assunto la forma delle morti di Stato, delle deportazioni continue e dei dispositivi farmacologici e meccanici di contenimento e tortura.
Eppure è importante raccontare con voce chiara un altro pezzo di storia, quello di un CPR, a due passi dalla frontiera e immerso nel vuoto urbano, la cui quotidianità è scossa dall’incessante scandirsi di coraggio, rivolte e numerose evasioni.
In questa puntata di Harraga in onda su Radio Blackout, una diretta con un compagno ci riporta, per l’appunto, la profondità storica e di lotta di quel luogo e di chi vi è, malauguratamente, stato
prigioniero.