Aggiornamenti dalla frontiera bulgaro-turca

Dalla frontiera bulgaro-turca ritrasmettiamo nuovamente le voci di compagne e compagni del collettivo Rotte Balcaniche, insieme a quella di una persona siriana dal campo per rifugiati di Harmanli, che ai microfoni di Harraga ci hanno restituito uno spaccato della loro quotidianità al confine; tra il brutale operato di Frontex e della polizia di frontiera bulgara, le condizioni dei centri di accoglienza e di detenzione, le proteste dei reclusi e la repressione della solidarietà.

A quattro mesi dall’ultimo aggiornamento da quel confine, ai tempi del ritrovamento dei corpi di tre giovanissimi morti di freddo e di omissione di soccorso da parte della polizia di frontiera bulgara, il quadro del razzismo di stato in Bulgaria si fa sempre più raccapricciante. Le operazioni di soccorso nei boschi al confine vengono rese quasi impossibili dai pattugliamenti serrati delle forze dell’ordine; i respingimenti e l’abbandono volontario di chi chiede soccorso sono frequentissimi e silenziati da media e istituzioni. La maggior parte delle persone che riescono ad entrare, una volta identificate, vengono portate in centri aperti o chiusi, dai quali sempre più spesso partono deportazioni mascherate da rimpatri volontari.

In questo contesto, emerge l’impellenza di fare rete con chi, dalla Bulgaria alla Siria e alla Turchia, identifica e denuncia le responsabilità europee e locali delle morti, delle torture e delle deportazioni dei loro cari.

L’importanza di riportare questi racconti non sta solo nel fare da megafono a chi porta avanti le nostre stesse lotte ad altre latitudini. Ma nasce dalla consapevolezza che, in primis, gli strumenti legislativi repressivi delle politiche migratorie europee vengono testate sui corpi di chi entra in paesi come la Bulgaria e la Romania, ai confini est dell’Europa. E di conseguenza, che sempre più persone che in Italia lottano nei centri di accoglienza e di detenzione, che resistono alle deportazioni, allo sfruttamento e al razzismo quotidiano, lo hanno già fatto sulla rotta balcanica, e che dai loro vissuti di repressione ma anche di lotta non possiamo che imparare.

Ascolta qui il podcast della puntata:

Nella foto: presidio del 1.4.2025 di fronte al centro di detenzione per immigrati di Busmantsi-Sofia, in solidarietà alla lotta per la libertà di Abdulrahman al-Khalidi e a tutti gli altri reclusi.