24.06.21
Dall’area Rossa del Centro di Permanenza per il Rimpatrio di Torino i ragazzi detenuti ci descrivono il clima nel CPR e ci aggiornano rispetto ad alcune situazioni specifiche emerse negli ultimi giorni.
Sono costretti a stare in sette in una stanza, dove il bagno è senza finestre e la porta è rotta. Le ore d’aria sono poche e i reclusi sono sempre circondati dalla polizia, mentre le aree sono separate l’una dall’altra da grate.
Chi non ha amici e/o parenti che possano portare vestiti puliti deve farseli passare dal Centro, che distribuisce i cambi una volta in settimana e sporchi.
Ci sono perquisizioni in stanza molto spesso, e le umiliazioni e le intimidazioni sono continue e costanti.
La direttrice non si fa mai vedere, se non accompagnata da una scorta.
Alle udienze, il giudice non lascia parlare i detenuti e quello che dice risulta incomprensibile, anche perché la traduzione dei suoi monologhi è affidata ad un anziano interprete egiziano che i ragazzi non capiscono. Alla fine delle udienze, l’unica cosa che rimane è di quanto sia stato allungato il periodo detentivo, e gli/le avvocatə non sono incisivi. Per esempio, A., di origine marocchina, portato a Torino dal CPR di Caltanissetta, fra due settimane finisce i tre mesi di detenzione. Ha visto la sua avvocatessa solo una volta, ovvero quando gli ha fatto firmare il modulo per il gratuito patrocinio. E’ a rischio di espulsione perché ora la frontiera è aperta, ma l’unica notizia che ha avuto rispetto alla sua situazione è stata la singola telefonata dell’avvocatessa per informarlo che aveva mandato il suo nominativo al consolato senza avere risposta.
Un altro recluso marocchino è in sciopero della fame da quattro giorni proprio per la paura della deportazione.
Continuano le resistenze ai tamponi, che aprono le procedure alle deportazioni stesse; due ragazzi tunisini, intimati a fare l’esame, si sono rifiutati di farlo proprio per non essere rimpatriati. Hanno paura di essere prelevati con la forza, e la notte non dormono, determinati a non farsi portare via.
Ad altri due ragazzi, di nazionalità libica, è stata comunicata l’espulsione, se necesario in modo coatto: entrambi hanno problemi gravi di persecuzione in Libia. Uno dei due ha subito molteplici aggressioni e gli hanno sparato tre volte. L’altro, alla notizia della deportazione, si è procurato un trauma alla testa sbattendola più volte contro il muro ed è successivamente stato portato in ospedale, ore dopo.
A volte, i detenuti litigano fra loro, e dopo l’ultima rissa uno dei reclusi è stato portato in isolamento. Gli amici del ragazzo in isolamento sono stati trasferiti di proposito nella stanza del recluso con cui aveva litigato. Le guardie, rispetto a questo, ridendo hanno detto “uccidetevi tra di voi, almeno non dobbiamo farlo noi il lavoro sporco”.
Nell’area rossa di recente sono stati portati molti ragazzi provenienti dall’africa subsahariana.
Stamattina invece ci hanno chiamato dalla cabina telefonica dall’area gialla, raccontandoci di un ragazzo che ieri è caduto e che ha molto male alle costole, ma nonostante questo non vogliono portarlo all’ospedale. Le schede telefoniche però sono limitate e i ragazzi hanno finito i minuti, per cui non siamo sicurə di avere aggiornamenti da dentro nelle prossime ore.