16.06.21
Dal Centro di Permanenza per il Rimpatrio di Torino i ragazzi ci raccontano della situazione degli ultimi giorni. Continuano ad essere effettuati i tamponi in maniera coatta per permettere le deportazioni, un fatto che da tempo i ragazzi reclusi denunciano da dentro: ce ne avevano parlato già a novembre:
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Martedì 8 giugno in mattinata alcuni di loro sono stati portati a sottoporsi al tampone e, consci del fatto che spesso dopo il tampone vengono presi per essere rimpatriati, molti di loro si sono rifiutati di farlo. Un ragazzo, che probabilmente era stato preso di mira per la sua “condotta”, come ci hanno raccontato i suoi compagni, è stato portato con la forza nel locale dell’infermeria per costringerlo a fare il tampone. A quel punto molti ragazzi si sono ribellati e, solamente dopo alcuni minuti, non riuscendo gli operatori medici del CPR a somministrargli il tampone, il ragazzo in questione è stato riportato in cella con i suoi compagni.
La situazione dentro è come sempre difficile. Con l’arrivo dell’estate le condizioni peggiorano, ci dicono che all’interno del Centro fa caldo, non si respira, anche perché nel bagno non ci sono finestre. Anche per quanto riguarda il cibo, che da sempre è motivo di ribellione e rivolta nel Cpr, dicono che arriva ne arriva pochissimo rispetto a quello che dovrebbero ricevere e che é maleodorante ed avariato.
Intanto, continuano ad essere portate nel Centro nuove persone.
Ci raccontano, inoltre, delle condizioni di un ragazzo di nazionalità ucraina rinchiuso nell’area Verde. Appena arrivato presentava forti dolori, dovuti ad un’operazione di rimozione di un rene alla quale si era sottoposto poco tempo fa. Stava molto male e continuava a chiedere aiuto e di essere portato al più presto all’ospedale, ma come spesso accade non è stato ascoltato né soccorso. Solo dopo alcune ore, durante le quali gli altri compagni di reclusione hanno protestato con forza, il ragazzo è stato portato all’Ospedale. Nonostante le continue richieste di notizie da parte dei suoi compagni, nessuno gli comunica niente. I ragazzi avevano paura che potesse morire nel Centro perché sapevano che stava molto male.
La situazione ricalca le sistematiche inadempienze nel Cpr dal punto di vista dell’assistenza medica, fatto che da anni viene denunciato e che è divenuto lampante dopo le ultime vicende del Cpr e la morte di Moussa. Proprio riguardo a quest’ultimo, ci ricordano i suoi compagni di area che anche lui stava molto male poco prima che fosse trasferito in isolamento nell’Ospedaletto dove è morto, e che era pieno di ferite e lividi per le aggressioni subite a Ventimiglia, incredulo di trovarsi rinchiuso in un luogo violento e disumanizzante come è il Centro. Il Cpr non è che il luogo in cui le persone senza documenti continuano a subire quella violenza fisica e psicologica di uno Stato razzista e discriminante.
Ci raccontano infine che durante i momenti di solidarietà e lotta condivisa nelle ultime settimane venivano rinchiusi tutti all’interno delle aree, minacciati costantemente di essere picchiati e/o riportati in carcere. Come sempre, dentro al Centro, provano a intimidire con minacce e manganelli, le persone che cercano di ribellarsi ad una situazione intollerabile, oltre al tentativo continuo di fermare le comunicazioni tra il dentro e il fuori.
Ma la solidarietà non si può fermare.
Continueremo a lottare contro questi luoghi di morte e tortura, al fianco delle persone recluse, cercando il più possibile di dare voce a chi non può averla!