Si è appena conclusa una settimana importante per quanto riguarda la lotta contro i Centri di Permanenza per il Rimpatrio. Una settimana in cui la solidarietà e la complicità sono state il fulcro attorno al quale si sono organizzati due presidi: giovedi 7 al tribunale di Torino e sabato 9 ottobre al Cpr di Corso Brunelleschi.
Giovedì 7 ottobre c’è stata la prima udienza dell’Operazione Scintilla, processo che vede imputati e imputate 18 compagni e compagne che negli anni si sono organizzati e hanno lottato contro gli allora CIE (Centri d’Identificazione ed Espulsione), oggi CPR, quindi contro la detenzione amministrativa delle persone senza documenti. Fuori dal tribunale si sono ritrovate in presidio numerose persone che hanno portato la loro solidarietà alle compagne e ai compagni sotto accusa. Durante tutta la mattinata, attraverso i microfoni di Radio Blackout in diretta dal presidio, si sono ascoltate le voci, le testimonianze, le storie di questa esperienza di lotta, raccolte poi in un approfondimento che si può ascoltare qui:
Una mattinata in cui si è più volte ribadita la solidarietà a tutti i compagni e le compagne che in Italia sono oggetto della repressione dello stato, con la consapevolezza che non saranno le inchieste a fermare la voglia di libertà e la volontà di battersi quotidianamente contro i valori soffocanti di questa società carceraria.
Nella giornata di sabato 9 si sono quindi portate le voci e le grida di protesta direttamente di fronte al Cpr di Corso Brunelleschi. Compagni, compagne e solidali si sono ritrovati in presidio per più di due ore portando interventi, musica e cori e hanno cercato di comunicare con le persone recluse dentro quelle mura. Il Centro di detenzione amministrativa di Torino continua ad esistere, come continuano ad esisterne su tutto il territorio nazionale (in totale sono attivi 10 Cpr). I lager per persone senza documenti non sono un’eccezione nelle politiche statali, ma al contrario sono parte integrante e fondamentale dei meccanismi di esclusione e sfruttamento messi in campo dalle democrazie occidentali.
Negli interventi davanti a quelle mura si è ribadito più volte che la lotta non si ferma. Fino a quando di queste strutture non rimarranno che macerie ci saranno rivoltosi dentro quelle mura e compagni e compagne che da fuori porteranno solidarietà e complicità e cercheranno di supportare la voglia di libertà e la necessità di ribellarsi contro tutte le gabbie, le galere e le frontiere.