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TRA GUERRE IMPERIALISTE e ALLARGAMENTO DEGLI APPARATI REPRESSIVI: QUALI PROSPETTIVE DI SOLIDARIETÀ INTERNAZIONALISTA OGGI?

Una breve presentazione del tavolo di discussione “TRA GUERRE IMPERIALISTE e ALLARGAMENTO DEGLI APPARATI REPRESSIVI: QUALI PROSPETTIVE DI SOLIDARIETÀ INTERNAZIONALISTA OGGI?”, che si terrà durante la 3 giorni di mobilitazione contro guerre e frontiere a Torino dal 24 al 26 Giugno.

Le nuove direttrici geografiche di sviluppo e sfruttamento capitalista, e quindi anche di possibili conflitti, il continuo affinamento delle dinamiche di guerra interna ed esterna agli Stati e l’escalation in Ucraina, ripropongono urgentemente dei quesiti tuttora in parte evasi: che ruolo hanno le esperienze antiautoritarie e di autorganizzazione dal basso nel mettere i bastoni tra le ruote alle guerre imperialiste? Che prospettive teoriche e pratiche sono in grado di mettere in campo i movimenti anticapitalisti nella creazione di esperienze e reti effettive di solidarietà internazionalista? Possiamo immaginare una congiuntura di critica, azione e sabotaggio della guerra e delle sue relative conseguenze, dalle frontiere alla repressione fino alla propaganda mediatica, a tutte le sue latitudini?

In questo panorama, le maglie repressive degli stati neo-liberali, in particolare occidentali, si affinano non solo nei termini di tecnologie di sorveglianza e controllo, ma anche nella costruzione di teoremi giudiziari. Negli ultimi anni in Italia sono molti gli esempi di processi in cui la struttura repressiva dello stato crea capi di accusa raffiguranti strutture organizzate per poter giustificare l’utilizzo di schemi introdotti ad hoc per la repressione della guerra interna in periodi di ben altro conflitto sociale e la richiesta di svariati anni di carcere, indebolendo sempre più i percorsi singoli e collettivi di antagonismo, rottura con l’esistente, se non rivoluzionari. L’urgenza della guerra e la continua evoluzione dell’apparato repressivo degli stati sottolineano l’importanza di riprendere i fili di un discorso che abbia un respiro internazionalista effettivo e non di facciata, e che sappia andare oltre le frontiere istituite, tratti da sempre caratteristici anche della lotta no border.

L’evoluzione delle dinamiche di conflitto e di ristrutturazione del capitale lascia
pensare che sempre più spesso ci troveremo ad assistere da lontano ad eventi complessi
e di difficile interpretazione, per i quali i nostri strumenti di analisi e posizionamento
non possono essere meccanicamente riproposti, col rischio di ricadere in un
immobilismo non solo politico, ma anche di comprensione umana e manchevole di
pratiche solidali.

Gli stati e le loro guerre continueranno a creare morti, distruzione e sottoproletariato in movimento, produrranno e si baseranno sempre più su carcere e repressione in forme articolate e diluite nella quotidianità, saranno alimentate da armi prodotte in occidente, e magari avranno forze a noi affini che gli si muoveranno all’interno e contro. Realtà con cui spesso mancano relazioni e percorsi pregressi per intavolare, nel momento del bisogno, uno scambio complice volto alla costruzione di pratiche solidali.

Per non rimanere schiacciat* tra le retoriche nazionaliste e un immobilismo causato dall’assenza di strumenti collettivi e non lasciare il campo narrativo e organizzativo in mano alle forze reazionarie e fasciste, è necessario chiedersi se e come poter applicare percorsi e pratiche di solidarietà internazionalista per poter immaginare nel domani, attraverso tentativi, errori e confronti, un’ alternativa nostra concreta frutto di lotte transnazionali che sappiano arricchirsi, contagiarsi e alimentarsi vicendevolmente.