Quasi una tradizione la rivolta estiva in c.so Brunelleschi.
Ieri sul fare della sera, appena arrivati sotto al Cpr torinese, alcuni compagni respirano ancora la rabbia che fuoriesce da quelle mura: urla, battiture e grida inneggianti alla libertà ancora si riverberano nell’aria agostina e si uniscono a quelle solidali fuori.
Sono ore che dentro al centro i reclusi hanno deciso di interrompere la generale asfissia della reclusione amministrativa. La scintilla non è solo una e le motivazioni della rabbia non possono essere stilabili così facilmente in un elenco, ma da quello che raccontano i ragazzi dentro possiamo solo immaginare cosa significhi stare in un recinto per bestie da soma con 40°, l’acqua potabile razionata a un litro al giorno e consegnata immancabilmente calda, pasti avariati e alla mercé di forze dell’ordine e di un’azienda, la multinazionale francese Gepsa, che ricava il suo profitto dalle miserevoli condizioni quotidiane che riesce a imporre.
Ieri, all’ennesimo pranzo di merda, all’ennesimo rifiuto di condurre un ragazzo all’ospedaletto per delle cure, in mensa è partito un lancio di oggetti e cibo contro i lavoranti, responsabili come i militari di lavorare instancabilmente con ricatti e pestaggi affinché chi è privato della propria libertà tenga la testa bassa. Infatti il primo intervento delle forze dell’ordine presenti nella struttura è stato quello di impartire una lezione fisica al detenuto che chiedeva di essere visitato, così da levare il problema alla radice lasciandolo steso a terra. Gli altri compagni dello sventurato non sono rimasti con le mani in mano e dando sfogo all’umanità più bella, quella della ribellione nonostante tutto l’apparato attorno, sono usciti insieme in cortile a dare fuoco ad alcuni materassi, hanno spaccato i vetri delle aree e sono saliti sul tetto per resistere il più possibile ai rinforzi dello Stato in procinto di arrivare.
Come da aspettativa, la celere non si è fatta attendere.
Un centinaio di agenti in antisommossa hanno fatto irruzione e hanno distribuito le sante manganellate della pace e dell’ordine per calmare se non certo gli animi, di sicuro i corpi. E dopo le manganellate, i calci e i pugni, come da manuale, l’opera di divisione: molti sono stati rinchiusi nelle diverse stanze, mentre dei ragazzi sul tetto alcuni sono scesi alle 19, quando le minnacce contro di loro e il caldo estivo sono diventati gravosi, altri, ostinati, ci sono rimasti fino a stamane.
A fine giornata il conto delle botte prese dai detenuti è lungo e le procedure di cura all’interno del Cpr sono come al solito interessanti. Tra i tanti ematomi, tra le numerose ferite, il caso esemplare è quello di un ragazzo a cui hanno rotto la mano; gli hanno detto esplicitamente che aspetteranno almeno 30 ore prima di portarlo in un ospedale, perché così, rimarginate un po’ le lesioni, si può sostenere che la causa non siano le manganellate dirette prese dalla polizia.
Nonostante tutto al centro l’aria rimane calda e oggi tutti i cosiddetti ‘ospiti’ dell’albergo stellato di c.so Brunelleschi sono in sciopero della fame.
Di seguito un video della rivolta inviatoci da dentro: