AGGIORNAMENTO DAL CPR DI TORINO

31.05.2021

I racconti dei ragazzi che abbiamo sentito in questi giorni testimoniano con rabbia la convinzione che quello che è avvenuto nella notte tra il 22 e il 23 maggio al loro compagno non è un suicidio ma è stato provocato dalla polizia che è intervenuta mentre Musa, all’interno di una cella di isolamento, chiedeva disperatamente l’intervento di un medico per essere soccorso.

Ci hanno comunicato che in questi giorni hanno interrotto lo sciopero della fame anche se spesso, organizzati in piccoli gruppi, cercano di rifiutare il più possibile il cibo che gli viene consegnato digiunando per uno o due giorni massimo. Le proteste sono motivate principalmente dalla presenza, all’interno degli alimenti, di medicine che provocano sonnolenza e perdita di lucidità. Medicine che vengono somministrate quotidianamente ai reclusi senza che nessuno sappia quale tipologia di sostanze vengono utilizzate e in quali quantità. Abbiamo sentito ieri al telefono un ragazzo dopo pranzo che con difficoltà riusciva a parlare come se avesse appena subito una forte dose di psicofarmaci.

Dopo la morte di Musa nessuno dei reclusi ha avuto la possibilità di vedere un avvocato per fornire la propria versione dei fatti. Dalle loro testimonianze è evidente come si siano sentiti abbandonati dalle istituzioni che in questi giorni non hanno mai mandato un loro rappresentante all’interno del CPR per ascoltare la loro voce. Una voce che invece vuole essere messa a tacere attraverso la violenza della polizia che continua a terrorizzare i reclusi. Due giorni fa un ragazzo ci ha raccontato che quotidianamente avvengono perquisizioni all’interno delle stanze con l’obiettivo di provocare i ragazzi e trovare un banale pretesto per manganellare qualcuno. Ci ha raccontato inoltre che le guardie continuano a battere con i manganelli contro le grate che dividono le aree del centro per minacciarli gridando: “Da qui non uscite vivi!”. Le provocazioni delle guardie avvengono, secondo le testimonianze dei reclusi, molto spesso sotto gli occhi della direttrice del CPR a dimostrazione del fatto che chi gestisce questi luoghi è complice e responsabile delle violenze subite dai detenuti.

Un ragazzo proveniente dal Marocco ci ha raccontato che tra una settimana dovrebbe terminare il suo periodo di detenzione e che ieri l’ispettore di polizia di turno voleva costringere lui e altri due ragazzi ad andare in isolamento senza una motivazione chiara. Lui si è rifiutato da subito e a quel punto l’ispettore lo ha afferrato al collo per provocare una sua reazione ed avere un movente per portarlo in carcere. Le sue continue proteste hanno evitato il suo trasferimento in cella di isolamento ed è quindi ritornato all’interno dell’area insieme ai suoi compagni.

A distanza di una settimana dalla morte di Musa Balde all’interno del CPR di Torino non è cambiato nulla, anzi secondo molti reclusi le condizioni di detenzione sono peggiorate.

Chi con foga aveva proposto una gabbia più umana per i detenuti del CPR indignandosi per la morte di un ragazzo di 23 anni, sembra essere scomparso nella bolla mediatica che avevano creato.

Abbiamo chiesto ad un ragazzo recluso proveniente dalla Tunisia di raccontarci cosa ne pensa del servizio sanitario all’interno del CPR. La sua risposta è stata: “Qui non esiste nessun servizio sanitario!”. Questa è la normalità descritta da chi è convinto che quello che è accaduto a Musa non sia una fatalità o un episodio.

All’interno dell’area Rossa, dove sono detenute circa trenta persone, la settimana scorsa un ragazzo egiziano si è arrampicato su di una cancellata per protestare contro il suo imminente rimpatrio e le condizioni in cui era costretto quando all’improvviso è scivolato cadendo al suolo da un’altezza di quattro metri sbattendo violentemente la testa. I suoi compagni ci hanno raccontato che è rimasto per circa 45 minuti per terra privo di conoscenza, con un’evidente emorragia cerebrale, senza ricevere nessun soccorso da parte del personale medico del CPR nonostante le loro richieste di intervento. Dopo l’arrivo dell’ambulanza non hanno avuto più notizie del loro compagno.

Il ragazzo dovrebbe ancora essere in coma all’interno di un ospedale qui a Torino ma al momento non abbiamo informazioni certe.

Seguiranno aggiornamenti…