Nelle scorse settimane si sono succeduti sui giornali una serie di articoli sui temi della frontiera e del CPR intrisi di miope ed ipocrito moralismo, conditi da nauseanti interviste di tenore vittimistico e di chiaro intento autoassolutorio.
In frontiera, la Croce Rossa Italiana piange miseria mentre in realtà è uno delle principali presenze deterrenti per chi vuole provare ad attraversare ed è complice dei respingimenti e degli sgomberi degli ultimi anni: articolo infame 1
Per quel che concerne il CPR, a pensar male tutta quest’attenzione potrebbe essere spiegata con la notizia della divulgazione della consulenza disposta dalla procura nell’ambito dell’inchiesta sulla morte di Moussa Balde.
Ci sono 7 indagati: la direttrice della struttura, il medico e 5 agenti di polizia (tre agenti semplici e due graduati).
All’epoca della morte di Moussa, lo scorso maggio, la ministra dell’Interno Lamorgese aveva “assolto” il CPR da ogni responsabilità, rispondendo a un question time alla Camera, il 9 giugno. Di fronte alle accuse di inidoneità delle detenzione di Moussa, aveva risposto rispetto al fatto che Moussa aveva precedenti penali, un foglio di via, ed era stato messo in isolamento per via di una sospetta malattia della pelle. Secondo la ministra, al suo arrivo nella struttura avrebbe avuto subito un colloquio di sostegno psicologico e di assistenza legale, in cui non erano emerse fragilità.
Veniva quindi assodato che il sistema di detenzione in sé è necessario e infallibile, anzi andrebbe implementato, e si è seguita la logica del tappabuchi cercando il bug nei singoli aspetti. Salta fuori ora la questione dell’assistenza sanitaria rimodulata secondo un criterio di “mancanza di protocolli” (articolo infame 2) o di “inadempienza” e “inadeguatezza” degli attori (articolo infame 3).
Sappiamo bene invece come la sanità da sempre funga da dispositivo di controllo e di punizione all’interno di questo lager. Gli interventi (o i mancati interventi) medici e farmacologici sono finalizzati alla gestione interna e al disciplinamento dei reclusi.
Nel tentativo di pararsi e coprire una realtà di abusi e di violenze sistemiche e quotidiane, sente la necessità di esprimersi tramite conferenza stampa anche uno spregevole individuo come Eugenio Bravo, segretario del sindacato di polizia Siulp (articolo infame 4) che come al suo solito da una parte minimizza (115 persone avrebbero cercato di togliersi la vita “strofinandosi il collo con lenzuola di carta” o ingerendo sorsate di bagno schiuma) dall’altra si lamenta (” causa dei sospetti sulle carenze sanitarie sollevate dall’indagine nessun medico si prende più la responsabilità di mettere in discussione i segnali di disagio”) e infine passa la palla (suggerendo di eseguire le deportazioni dal carcere, perché “sarebbe più veloce, più sicuro e si eviterebbero episodi come le simulazioni di suicidio”)
Chissà se in palio ci sono più fondi o solo l’assoluzione da questa indagine fuffa.
Al gioco del rimpallo di responsabilità partecipano sempre gli stessi, e vedremo questa volta chi la spunterà, se l’ASL, la prefettura o l’ente gestore (vecchio o nuovo o ancora Gepsa).
Intanto nei CPR si continua a morire, e dopo Abdel Latif a Roma e B.H.R. a Gradisca, è notizia di ieri notte di un altro ragazzo detenuto nel Centro di via Corelli a Milano trovato in condizioni gravissime.