ARIA DI RIVOLTA?

Riceviamo e diffondiamo:

Tre presidi, un corteo, tre rivolte, sette fogli di via, per 3 anni, emessi dal questore di Nuoro Alfonso Polverino (che forse voleva superare per “intransigenza” il suo collega di Bolzano, Sartori), alcune violazioni del foglio di via. Sono questi, in sintesi, i numeri di un anno di lotta contro il CPR di Macomer.

Macomer è una cittadina con meno di 10000 abitanti, a più di 100 km dai principali centri della Sardegna, totalmente militarizzata dal dopoguerra, e il CPR, ideato da Minniti, è collocato nella Zona Industriale a cinque minuti in auto dal centro cittadino, e pertanto risulta circondato da piccole e medie aziende e con le abitazioni civili un poco più distanti. La struttura è costituita da un edificio costruito negli anni Ottanta e utilizzato dal 1994 inizialmente come casa mandamentale e successivamente come Casa Circondariale di massima sicurezza fino al 2014, quando è stata chiusa definitivamente. Nel 2020 rinasce come CPR, situato in un piccolo avvallamento e circondato da terreni agricoli non accessibili, caldissimo d’estate e freddissimo d’inverno e con un regolamento interno che lo istituisce anche da un punto di vista ufficiale come lager punitivo dove l’uso degli psicofarmaci, alternato alle botte, come forma di contenimento non hanno limiti.

Lo scorso mese la gestione del centro è passata dalla famigerata cooperativa veneta Ekene alla Coop. Officine Sociali di Siracusa. La nuova gestione, disdegnata da diverse prefetture italiane per la gestione di altri CPR, è molto gradita dalla prefettura di Nuoro che ha addirittura scelto di attendere un poco, prima di nominare il vincitore della gara, per fare in modo che Officine Sociali regolasse le mancanze formali.
Le cooperative di gestione seguono dettagliatamente le indicazioni date dallo Stato al fine di contenere con la violenza esseri umani superflui, momentaneamente espulsi dal mercato del lavoro nero, e di essere un monito per tutti coloro che cercano di ribellarsi a questo stato di cose e ad affermare la propria dignità. Alla fine, la logica è la stessa per tutte le strutture detentive dove la violenza dello Stato cresce in funzione della presunta pericolosità del nemico. Come nel 41 bis dove si cerca di contenere non solo l’agire di chi è irriducibile all’attuale forma Stato ma anche la possibilità di pensare, di sognare, di immaginare un futuro diverso.

In questi lager, periodicamente i prigionieri vengono infastiditi dalle visite dei vari garanti e deputati, quasi sempre di PD e AVS (manca solo la visita di Ilaria Salis, per ora), che per mostrare la “forza della democrazia e dell’opposizione parlamentare” rilasciano qualche inutile intervista a quotidiani locali e qualche, ancor più inutile, interrogazione parlamentare (sono particolarmente interessanti, per l’ipocrisia, quelle della deputata sarda di AVS Ghirra), con cui vorrebbero far dimenticare la loro collaborazione, sin dall’origine, con queste strutture.

Chi non fa parte degli “addetti ai lavori”, riesce ad avvicinarsi al CPR solo quando si organizza per eludere l’imponente apparato di sorveglianza (Polizia, CC, GdF ed esercito) e questo permette di capire che è insensato chiamare manifestazioni pubbliche, quelle che tanto piacciono ai democratici, giacché vengono sempre bloccate a diverse centinaia di metri dalla struttura, distanza a cui non è possibile alcun contatto con i prigionieri. Per questo consideriamo un successo l’essere riusciti durante l’anno ad aggirare più volte la sorveglianza per un tempo sufficiente a comunicare con i prigionieri da cui abbiamo sempre colto voci di rabbia e ribellione. Ugualmente consideriamo un ottimo risultato l’avere stravolto il presidio dei “democratici NoCPR”, del 6 aprile scorso, bloccato dagli sbirri a diverse centinaia di metri dal lager, per muoverci con un partecipato corteo, per portare la nostra rabbia per le strade del paese e per far conoscere agli abitanti cosa succede in quel lager a poche decine di metri dalle loro case, nonostante la postura aggressiva degli sbirri e di alcuni militari.

Tuttavia, alcune riflessioni vanno effettuate sui fogli di via che hanno intimorito alcuni, da allora meno (o per nulla) disponibili a partecipare ai saluti, e le minacce di arresto per chi il foglio di via lo ha violato per continuare alle lotte. Dobbiamo necessariamente immaginare nuovi percorsi per rispondere efficacemente alla repressione senza dimenticare l’obiettivo principale, la chiusura di questo e degli altri CPR, senza perdere per strada, per scelta o per forza, i compagni e senza rinunciare alle nostre pratiche. Nell’ultimo presidio, effettuato il 24 agosto, qualche nuova presenza ci ha confortato e ci fa sperare che le azioni contro il CPR e chi ne permette il funzionamento con la sua collaborazione possano moltiplicarsi. La risposta rumorosa e incazzata dei prigionieri ci ha fatto respirare aria di rivolta a pieni polmoni, rivolta che anche noi dobbiamo costruire, scusate la presunzione, per fermare il rapido dirigersi del capitalismo verso la distruzione dell’umanità che comincia dall’eliminazione degli ultimi.

Il questore Polverino non si illuda; ci rivedremo presto di fronte al CPR più numerosi, con sempre maggiore determinazione e rabbia, perché 10, 100, 1000 rivolte scoppino e mattone su mattone il CPR rovini su sé stesso.

Anarchiche e anarchici contro carcere e repressione